“Il Festival è la realizzazione di un vero contesto democratico”. È così che Andrei Babitski definisce ‘Imbavagliati’. “Abbiamo avuto la possibilità di esprimere punti di vista diversi e siamo stati ascoltati con interesse. In Russia qualunque racconto si discosta dalla versione ufficiale dei fatti viene trascurato, mentre in questo contesto si da’ importanza anche ad opinioni differenti”.
Ali Anouzla ha apprezzato il lavoro di redazione svolto nella settimana. Ha definito i nostri incontri vere e proprie “occasioni di confronto” su temi già trattati. “Attraverso questo metodo di lavoro, si realizza uno scambio di idee più profondo e si apprendono punti di vista altrimenti difficili da conoscere”.
Della stessa opinione è Sirwan H. Hossein, giornalista siriano: “nel lavoro quotidiano ci focalizziamo su fatti accaduti nei nostri territori, in qualche modo concentriamo la nostra attenzione solo su noi stessi. Questo festival mi ha dato l’opportunità di guardare con interesse la situazione di crisi che altri paesi come Russia, Ucraina, Marocco e persino l’Italia, vivono in questo momento”.
Oxana Chelysheva, la premiata della scorsa edizione del Premio Pimentel Fonseca, si è complimentata di come il Festival ‘Imbavagliati’ non sia stato un avvenimento caduto nel dimenticatoio, così come avviene nel caso di altre manifestazioni: “Sono stata coinvolta nella scelta dei temi e persino degli ospiti da invitare”.
E invece di Napoli? Cosa pensano i nostri ‘Imbavagliati’?
Gioia di vivere, multiculturalismo, apertura, sete di conoscenza. Sono queste le caratteristiche principali della città, secondo quanto affermato dai nostri ospiti.
Dopo il discorso sulla stampa in Italia, praticamente monopolizzata dal potere, Fouad Roueiha aggiunge: “A Napoli fate un caffè buonissimo. E quella sfogliatella frolla al limone è qualcosa di eccezionale!”.
Evidentemente la città esercita un fascino particolare sui giornalisti siriani. Anche Sirwan H. Hossein è rimasto colpito dal cibo: “Ho dovuto rinunciare alla mia dieta, qui a Napoli le persone sanno come godersi la vita”, dichiara scherzando.
Ma Napoli non è solo cibo e divertimento. “Ho notato anche molto interesse nei confronti della cultura e dell’informazione – continua Sirwan – le persone presenti ai nostri incontri non venivano giusto per scaldare la sedia”. Anche Ali Anouzla è rimasto colpito dalla notevole affluenza del pubblico al festival, più di mille persone presenti ogni giorno. “Erano tutti molto interessati agli argomenti trattati, ciò significa che qui si pone una particolare attenzione alle tematiche di attualità”.
Oxana Chelysheva racconta invece il suo primo impatto con la città: “Quando l’anno scorso sono stata designata come vincitrice del Premio Pimentel Fonseca ero scioccata e anche un po’ divertita. Nella lettera di invito c’era scritto: ‘Noi napoletani vogliamo consegnarti un premio, vuoi accettarlo?’. Ma quest’anno, quando sono tornata, ho capito che con l’Assessore al Turismo e alla Cultura Nino Daniele possiamo realizzare grandi cose”.
“È come un prato verde, pieno di fiori diversi”. Così definisce Napoli Andrei Babitski, riferendosi al modo in cui, seppure individualmente, i napoletani siano aperti a scoprire e accettare punti di vista differenti.
Désirée Klain, direttrice artistica di ‘Imbavagliati’, per chiudere l’incontro ricorda una frase di Hannah Ardent: “Ci siamo abituati alla banalità del male”. Ma noi, grazie a ‘Imbavagliati’, ci stiamo abituando alla rarità del bene.
Testi raccolti da Fouad Roueiha
Articolo a cura di Eva Serio