Avremmo voluto fortemente poter inaugurare di persona questa mostra ma non è, ovviamente, possibile.
Per guardare la presentazione della mostra e tutte le immagini clicca sui simboli che vedrai sparsi sulla foto principale.
Avremmo voluto fortemente poter inaugurare di persona questa mostra ma non è, ovviamente, possibile.
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Per la prima volta in Italia la toccante mostra fotografica dell’artista siriano, che trasforma in opere d’arte ordigni vari, bombe e razzi, colorandoli e decorandoli. Dando loro un nuovo significato. La sua arte si è dimostrata più forte della guerra e ha superato l’assedio e i bombardamenti quotidiani. Sarà la mostra, “Akram Sweedan per Imbavagliati” ad inaugurare, in anteprima per l’Italia, la sesta edizione del Festival contro i bavagli presentata dalla curatrice, la giornalista Asmae Dachan, cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica italiana. Nato a Douma, in Siria nel 1979, Sweedan è sposato e ha quattro figli. Attualmente risiede nella periferia nord di Aleppo, dopo essere stato costretto alla fuga da Douma a seguito dell’offensiva. Davanti a tanta devastazione e desolazione Akram ha pensato ad un modo per far conoscere al mondo, attraverso uno sguardo culturale e umanistico, le sofferenze della città di Ghouta e dei suoi abitanti, facendo appelli, attraverso la sua arte, per la pace e il rispetto dei diritti umani. Inizia così a raccogliere i resti di ordigni vari, bombe e razzi, colorandoli e decorandoli, dando loro un nuovo significato, trasformando strumenti di morte in oggetti con un nuovo valore e significato. “Ho voluto esprimere il mio amore per la vita e per l’umanità, un amore condiviso da tutti i miei concittadini, dai bambini, dagli adulti, dagli anziani piombati nell’incubo della guerra”.
“Imbavagliati” è un Festival Internazionale di Giornalismo Civile, ideato e diretto da Désirée Klain ed un giornale on line, che vuole dare la possibilità ai giornalisti, che operano in nazioni dove la censura dittatoriale impedisce la libera espressione o dove il contesto sociale li pone in costante pericolo di vita, di poter raccontare la loro verità e confrontarsi con i colleghi italiani.
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