La censura si è spostata nel cuore dell’Europa. Come se non bastasse aver trasformato un paese in un’immensa prigione, ora il bavaglio si allarga per meri interessi economico-politici anche all’Europa. Durante la conferenza stampa congiunta Erdogan/Merkel un giornalista turco viene portato via dalla security. Si tratta di Ertgrul Yigit, giornalista turco, regolarmente accreditato. Il reporter indossava una t-shirt con la scritta “Gazetecilere Özgürlük”, che in turco significa “libertà per i giornalisti”. Voleva gridarlo al presidente turco ma non ha potuto perché è stato portato via di forza. Ertgrul Yigit voleva ricordare al mondo intero che la situazione in Turchia non è mai stata cosi disastrosa in termini di repressione della stampa. Secondo la Tutuklu Gazetecilerle Dayanışma Platformu (TGDP), la Piattaforma dei giornalisti arrestati, ci sono attualmente in prigione 217 giornalisti. Un numero esorbitante. Dov’è l’Europa? Perché si vuole spegnere la voce di Ertgrul? Perché la Merkel permette che una libera voce che denuncia la censura venga soffocata? Sopportare questo nel cuore dell’Europa, dover sentire Erdogan definire il grande giornalista Can Dündar – perseguitato e processato in patria per aver fatto il suo lavoro quando era redattore capo del quotidiano Cumhuriyet e costretto all’esilio – un “agente” che ha violato il “segreto di stato” è desolante. Dündar aveva soltanto fatto il proprio mestiere evidenziando le contraddizioni del governo turco che faceva passare dal lato siriano armi per lo stato islamico. E per questo è stato processato, condannato e costretto a fuggire in esilio. La sua condanna poi è stata annullata dal Tribunale Supremo i cui giudici hanno deciso pero’ che il giornalista doveva essere invece processato con l’accusa di spionaggio. Insomma continua la persecuzione. La vecchia strategia di considerare i giornalisti alla stregua di “agenti stranieri”, “terroristi” è sempre la stessa in Turchia da decenni ed è ancora tremendamente effettiva. Al giornalista che espone prove, fatti che non vadano nella direzione del governo viene sistematicamente impedito di lavorare attraverso la censura, la prigione, il licenziamento o l’allontanamento. Dove non arriva la censura giunge invece l’autocensura: molti giornalisti per evitare la galera o di perdere il proprio lavoro semplicemente tacciono. E cosi’ l’impostura continua. Non è facile fare giornalismo in Turchia oggi. Quest’Europa, se esiste, deve avere a cuore la libertà di stampa, deve avere a cuore i 217 giornalisti rinchiusi nelle prigioni turche. Noi li abbiamo a cuore e per questo abbiamo deciso di non tacere.