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Uzbekistan: libertà violata, tra terrorismo e censura sul web. Come si racconta la realtà ‘senza filtri’?

Nessuno, in Uzbekistan, può menzionare il suo nome, neanche in un articolo di giornale. È la storia di Hamid Ismailov, giornalista e scrittore in esilio da 26 anni, che ha portato la sua testimonianza al Pan di Napoli aprendo gli incontri della quarta edizione di Imbavagliati. Il Festival Internazionale di Giornalismo civile, ideato e diretto da Désirée Klain, che per l’edizione 2018 accende una luce sui “Figli di un’informazione minore”, con storie di giornalisti vittime di censura in paesi dove il bavaglio fa forse meno rumore ed in cui persino l’accesso ad Internet è negato.

Hamid dal 1992 vive nel Regno Unito e lavora con la BBC. Autore di dozzine di libri, pubblicati in diverse lingue, è stato cacciato dal suo paese per aver fatto interviste all’opposizione laica e religiosa. L’Uzbekistan è oggi al 165° posto nella classifica per la libertà di stampa. Dopo la morte del presidente Karimov, il successore, il vecchio Primo Ministro Chavkat Mirzioïev, aveva promesso di migliorare la situazione dei diritti umani. Ma purtroppo si parla ancora di detenzioni ingiuste e torture. I principali organi di stampa autonomi restano bloccati ed è il regime ad avere il controllo totale dell’informazione.

Insieme al giornalista testimone Hamid Ismailov è intervenuto Fouad Roueiha, responsabile per la Siria di “Osservatorio Iraq” ed esponente del comitato “Kaled Bakrawi”.

ph. Roberta De Maddi

Video di Davide Uccella

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