Il National Broadcasting dello Stato Tailandese e la Commissione delle Telecomunicazioni ha ordinato a Voice TV, un canale satellitare schierato con il governo deposto dal colpo di stato militare del 2014, di sospendere le proprie trasmissioni per una settimana, sostenendo che la stazione aveva fornito “critiche ingiustificate” in molti suoi programmi.
Il tenente generale Phirapong Manakit, membro NBTC, ha affermato che l’emittente era stata più volte avvertita di aver violato sia la legge sulla regolamentazione dei media, sia gli ordini del governo militare. Tuttavia Phirapong non ha indicato quali specifiche notizie abbiano provocato la sospensione.
Il sito web inglese Khaosod ha riferito che la sospensione è stata la risposta ad un servizio di Voice TV sull’uccisione di Lahu, un’attivista etnica, da parte di un soldato, al posto di blocco militare nella provincia settentrionale di Chiang Mai. Il canale online ha anche riportato la notizia del sequestro da parte del governo di un deposito segreto di armi, di proprietà di un militante fuggitivo schierato con il precedente governo.
Prateep Kongsib, direttore di Voice TV, commenta così il provvedimento restrittivo: “Il motivo per cui la nostra emittente è stata sospesa è dovuto alla convinzione del NBTC che abbiamo violato più volte la sicurezza nazionale. Avevano raccolto una folta documentazione a riguardo, ma io mi dissocio da queste assurde accuse”.
Non è la prima volta che il canale TV viene preso di mira dal regime. Già durante il colpo di stato del 2014 le trasmissioni furono sospese per un mese. Nel mese di agosto 2016, Nattakorn Devakula e Atukkit Sawangsuk furono ospiti del programma politico di Voice TV. Si stava analizzando in maniera critica un referendum costituzionale sostenuto dal regime militare, restrittivo e contro la libertà di espressione. Per questo motivo l’emittente fu sospesa per 10 giorni.
Il governo militare thailandese ha più volte dichiarato di voler ripristinare la democrazia, eppure continua a censurare i media. Ancora oggi esistono molte leggi che violano la libertà di espressione.
Il CPJ (Committee to Protect Journalists) ha inoltrato una lettera aperta al Prayuth chiedendo di abrogare tutte le leggi militari che limitano le libertà dei media, anche perché si attende (e si teme) un progetto di legge che mira a istituzionalizzare i controlli governativi sui media privati, e una proposta di limitazione delle licenze per i giornalisti.