Alessandro Leogrande porta a Napoli, al Festival Imbavagliati, la sua testimonianza di narratore che ha raccolto le storie di chi è riuscito a sopravvivere al viaggio sui barconi in cerca di una speranza. Nel suo libro, La frontiera, anche la memoria di quanti non ce l’hanno fatta. “I racconti che conosciamo sono falsati, poiché non si parla di tutto il percorso precedente alle famose tre miglia dal Mediterraneo” .
I viaggi affrontati dai migranti sono molto estesi nello spazio e nel tempo. “Per esempio – spiega Leogrande – un afgano che arriva in Italia non valica solo una frontiera, ma almeno sette. Un ventenne, avendo alle spalle due o tre anni trascorsi a viaggiare non su una nave da crociera, ma su un barcone in mezzo al mare, porta con sé un fardello incredibile di sofferenza. Nella medesima situazione si trovano centinaia di migliaia di persone che perdono gli anni migliori della loro vita per spostarsi da un luogo all’altro e raggiungere quella frontiera, per loro carica di sogni e aspettative”.
Marcello Anselmo definisce La Frontiera un libro importante, soprattutto per quanto riguarda le fonti. Ci sono stati incontri diretti con i migranti e l’autore è riuscito a raccontare in maniera lineare gli spaesamenti vissuti da ognuno di loro. Dal libro si comprende che ciascun migrante ha dovuto superare ostacoli e peripezie differenti.
Il libro di Leogrande è scritto in prima persona, dettaglio molto importante poiché fa capire come il suo lavoro di saggista si incroci con un aspetto più intimo. Non a caso l’autore ha stretto legami di amicizia duraturi con parecchi protagonisti della sua opera.
Nella prima parte del libro Leogrande si occupa delle vicende, delle biografie, dei fatti che riguardano le migrazioni dal Corno d’Africa. Successivamente ci spiega ciò che comporta a livello culturale il passato coloniale che gli italiani preferiscono dimenticare. Soprattutto, lo scrittore e giornalista, vicedirettore della rivista Lo Straniero, ricorda ai suoi lettori che la storia di ogni migrante ha una sua specificità e unicità, che non è possibile dimenticare dietro i numeri della cronaca.