“Cosa c’era dietro queste fotografie di morti, di gente che soffre? C’era la volontà, mai perduta, di una bambina di 10 anni che sognava un mondo giusto”. Così Letizia Battaglia racconta, davanti ad una platea gremita di fotografi, ammiratori o semplici curiosi, se stessa e le sue fotografie in bianco e nero, esposte dal 18 al 24 settembre nella sala Loft del PAN. La mostra, dal titolo “Letizia Battaglia per Imbavagliati”, è stata curata dal fotoreporter napoletano Stefano Renna, con la collaborazione di Giulia Mariani.
Letizia si presenta in abito nero, semplice ma elegantissimo, la macchina fotografica appoggiata sul banco dei relatori che ogni tanto tocca come per sentirsi sicura e protetta. Un oggetto che ha accompagnato la sua carriera fin dai primi tempi. Eppure, lei afferma di non sapere ancora come si usa. “Non capisco nulla di tutti quei bottoni e simboli presenti su queste macchinette, perciò scatto molte fotografie. E ancora mi meraviglio come spesso riesco a ottenere buoni risultati”.
La grande fotografa siciliana si sofferma sul fenomeno di massa ormai dilagante, ossia quello di pubblicare le foto scattate con gli smartphone sui social. I canoni estetici sono cambiati e diventa difficile giudicare se una foto sia bella o brutta.
Secondo la fotografa siciliana, ci sono diversi fattori da prendere in considerazione per pronunciare un simile giudizio, in primis quello emozionale. Una foto può anche essere brutta, ma può avere un forte impatto rispetto a un’immagine bella da vedere ma emozionalmente vuota. La foto deve raccontare più di quello che raffigura. Josef Koudelka, per esempio, sviluppava le foto un anno dopo averle scattate proprio per giudicarle con distacco.
Eppure, Letizia Battaglia non ha iniziato la sua carriera come fotografa. Andava in giro per le redazioni a presentare i suoi articoli di cronaca. Poiché i direttori avevano bisogno di foto a corredo dei pezzi, le consegnarono una macchina fotografica. All’inizio Letizia non aveva accesso alle scene del crimine. I poliziotti, gli altri giornalisti la allontanavano poiché era giovane, era donna, perciò poco credibile . Finché non decise di farsi sentire, urlando: “Perché la Rai può passare e io no? Perché gli uomini sì ed io che sono una donna non posso?” Così, piano piano, si è guadagnata il suo spazio.
Oggi, a causa del budget ridotto, i giornali utilizzano poco i fotografi. A causa di alcune nuove leggi, è proibito fotografare bambini, perciò diventa sempre più difficile raccontare la verità per immagini. Le stesse foto della Battaglia non potrebbero essere esposte se non fossero state scattate vent’anni fa.
A sorpresa, anche Mimmo Jodice è intervenuto all’incontro. L’autore napoletano definisce Letizia Battaglia “una grande fotografa, ma soprattutto una sopravvissuta. Anche io ho affrontato la fotografia sociale negli anni ’70, ma non ho avuto mai il coraggio di confrontarmi con la violenza, esponendomi a continui rischi. Lei è stata capace di realizzare foto straordinarie, coniugando la forza espressiva con la bellezza formale. E’ questa la sua grande forza. Ci ha regalato uno spaccato di vita palermitana che ha vissuto in prima linea. Vederla qui oggi, viva, è quasi un miracolo. Spero che i giovani possano prendere esempio da lei”.
Ma qual è il rapporto di Letizia Battaglia con Napoli?
La reporter rievoca un periodo della sua infanzia, durante la seconda guerra mondiale, durante il quale visse a Napoli. “Era un periodo di povertà – spiega – si mangiava con le tessere annonarie e ovviamente il cibo distribuito non bastava per una sola famiglia. Sua madre si sacrificava, faceva finta di non avere fame pur di cedere una parte di alimenti ai figli. Un giorno la loro vicina di casa, una donna napoletana, bussò alla porta. In un piatto c’erano due panini. La madre pianse, commossa da quel dono. “Per me Napoli sono quei due panini che ci sono stati donati in un momento di difficoltà settantacinque anni fa”.
“Con il suo slancio altruistico e la capacità di essere sempre al centro dell’attualità – ha detto la direttrice artistica Désirée Klain – Letizia Battaglia ha abbracciato gli intenti solidali del festival, tornando a Napoli dopo oltre 20 anni, con una personale delle sue immagini più celebri. Per noi un regalo straordinario”.