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Mai più soli: l’importanza della scorta mediatica per i giornalisti minacciati

Verità e giustizia per Giulio Regeni ed Ilaria Alpi è stato l’appello finale lanciato dai giornalisti minacciati, ospiti della manifestazione per la libertà di stampa alla terza edizione di “Imbavagliati – Festival del Giornalismo Civile”, dal 20 al 24 settembre 2017. Gli ultimi incontri al Pan hanno visto protagoniste le parole delle due famiglie unite dallo stesso dolore. «Abbiamo bisogno della vostra scorta mediatica soprattutto dopo il ritorno dell’ambasciatore italiano al Cairo», è il messaggio che Paola e Claudio Regeni, genitori di Giulio, hanno inviato al Festival nel corso del dibattito “Mai più soli: l’importanza della scorta mediatica per i giornalisti minacciati”, che si è svolto il 23 settembre al Palazzo delle Arti di Napoli (Pan) con i cronisti sotto protezione Nello TrocchiaSandro RutoloPaolo Borrometi e la giovane freelance Luciana Esposito. A farsi portavoce dell’appello lanciato dalla famiglia del giovane ricercatore italiano ucciso in Egitto è stato Giuseppe Giulietti, presidente della Federazione Nazionale Stampa Italiana. «Occorre tenere i riflettori puntati su quanto sta accadendo in Egitto perché la collaborazione della procura e delle istituzioni egiziane non sia solo proclamata ma divenga effettiva; – si legge nel messaggio –  state con noi, con Giulio, con tutti i Giuli e le Giulie d’Egitto e con chi li difende».

L’appuntamento del Festival con il Premio Siani (in memoria del giovane giornalista ucciso dalla camorra nel 1985, anche per questa edizione gemellato con “Imbavagliati”) in quell’anno è stato dedicato a Ilaria Alpi, giornalista del TG3 assassinata in Somalia insieme all’operatore Miran Hrovatin. «Da ventitré anni continuiamo una battaglia sempre più difficile perché la procura di Roma ha deciso di proporre la definitiva archiviazione delle indagini; – queste le parole, affidate anche in questo caso al presidente del FNSI, rivolte da mamma Luciana al pubblico di “Imbavagliati” e del Premio Siani – non abbiamo alcuna intenzione di arrenderci e compiremo ogni sforzo per impedire questa archiviazione e per sollecitare un nuovo filone di indagini».

«Siamo commossi da queste parole e vicini alla battaglia per la verità delle famiglie Regeni e Alpi – ha affermato Désirée Klain, ideatrice e direttrice della manifestazione (nelle foto di Stefano Renna e Roberta De Maddi) –  al terzo anno di vita Imbavagliati si conferma una realtà capace di dare voce a chi non ha voce, come i “desaparecidos” italiani scomparsi durante il regime di Videla in Argentina. Attraverso la mostra MEMORIA OLVIDADA abbiamo dato il via a una raccolta firme per chiedere l’istituzione di una giornata in memoria di una intera generazione, della quale non c’è più traccia. Negli scatti di Giovanni Izzo (fotografo minacciato per le sue inchieste) abbiamo aperto uno squarcio doloroso sulla difficile realtà di Castel Volturno. Ringraziamo la Fondazione Polis di Paolo Siani, senza la quale non avremmo potuto mettere in piedi questa nuova straordinaria edizione, e naturalmente l’Assessorato alla cultura del Comune di Napoli e Nino Daniele, che da sempre hanno sostenuto il nostro progetto. Siamo a lavoro già per il 2018 nella speranza che la città e le sue forze imprenditoriali vogliano essere sempre più vicine a questa iniziativa per far crescere ancora di più questo spazio di libertà».

A seguire “Mai più soli: in che modo è cambiata, negli ultimi 10 anni, la narrazione audiovisiva dei fenomeni criminali”, il secondo incontro che ha chiuso la giornata dedicata al “Premio Siani”. Il convegno si è aperto con i saluti del sindaco di Napoli, Luigi de Magistris, che ha sottolineato “l’importanza di un festival come Imbavagliati, che sta crescendo sempre di più e si batte contro le censure”. Poi la proiezione, in anteprima nazionale, del trailer della pellicola/verità “Nato a Casal di Principe”, tratta dall’omonimo libro di Amedeo Letizia, per la regia di Bruno Oliviero, che ha preso parte al dibattito, con il protagonista Massimiliano Gallo, l’avvocato Domenico Ciruzzi (presidente del Premio Napoli) e Paolo Siani, fratello di Giancarlo, alla guida della Fondazione Polis della Regione Campania.

«Noi non vogliamo dimenticare e vi chiediamo di non dimenticare tutte le vittime innocenti della criminalità, specie quelle per le quali stiamo ancora aspettando giustizia. – ha spiegato Paolo Siani, presidente della Fondazione Polis della Regione Campania e fratello di Giancarlo – Aspettiamo fiduciosi che, prima o poi, la giustizia arriverà per tutti. Ilaria Alpi, che quest’anno vogliamo ricordare insieme a Giancarlo, così come facemmo lo scorso anno con Giulio Regeni, è una di queste: comprendiamo il dolore della mamma Luciana per aver perso una figlia e non essere riuscita a ottenere giustizia. Si è battuta e si batte con tutte le sue forze affinché gli assassini di Ilaria vengano presi e condannati. Solo così lo Stato è uno Stato credibile, se riesce a difendere i suoi cittadini onesti e punire i colpevoli».

Dopo il debutto fuori concorso al Festival di Venezia, il film ha portato sul grande schermo la storia del fratello di Amedeo, Paolo Letizia, ventunenne di buona famiglia di Casal di Principe, sparito il 18 settembre del 1989 in circostanze misteriose e mai più ritrovato. “Nato a Casal di Principe”, ha raccontato la storia di un territorio in cui i rapporti sono di una fatalità ancestrale, in cui gli uomini girano armati e la camorra sembra endemica. Una realtà violenta che come un fantasma segue le persone che l’hanno vissuta sulla propria pelle. Infatti, la narrazione cinematografica ha riportato anche un altro contesto: la Roma della fine degli anni ‘80, dove un giovane Amedeo Letizia, attore alle prime armi, si comportava con una spavalderia e una violenza che ha appreso tra i camorristi del suo paese e che usava per giocare al duro tra i suoi amici attori. Ma nel suo paese hanno rapito il fratello, e tutto cominciava a fare cortocircuito in lui. La finzione dei suoi atteggiamenti stava diventando realtà. Nel libro da cui è tratto il film, Letizia ha scritto: «Non mi rendevo conto che esisteva un mondo, un mondo con regole diverse, diciamo normali, fuori da Casal di Principe, dove la legge del più forte, dove le armi, erano la normalità…». La conferenza ha analizzato l’evoluzione dello storytelling della legalità sul piccolo e grande schermo. I film e le fiction, infatti, raffiguravano spesso i criminali come persone che si godevano la vita, quasi figure “mitiche”, modelli vincenti da imitare. Oggi, invece, i difensori della legalità trionfano anche negli ascolti. Merito del lavoro di organizzazioni, come la Fondazione Polis, da sempre impegnata a mantenere viva la memoria delle vittime innocenti della violenza criminale. Nel corso della conferenza è stata presentata anche la squadra di calcio “African Sporting Club”. Il progetto sportivo, diretto da Fatou Diako, ha l’obbiettivo di promuovere l’integrazione tra italiani e stranieri attraverso il calcio. Il team è composto quasi interamente da ragazzi africani ospitati nei centri di accoglienza. «Cerchiamo di aiutare chi arriva in Italia a realizzare i propri sogni», ha spiegato la Diako

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