“Questo muro sa e ha visto tutto”. Paolo Siani così descrive il muro che delimita la zona dov’è stato ucciso suo fratello Giancarlo. Adesso, quello stesso muro è diventato un ponte di significato, di parole, finalmente racconta una storia. Quella di un ragazzo che “voleva solo fare il giornalista”, la cui vita è stata stroncata perché aveva realizzato il suo sogno, portando alla luce verità scomode riguardanti la malavita napoletana.
L’idea del murale è nata grazie Francesca Santagata che viveva nello stesso palazzo della famiglia Siani, e che ricorda la notte del delitto come una delle peggiori della sua vita.
La commemorazione di Giancarlo Siani viene celebrata ogni anno nel posto sbagliato. Le Rampe Siani, pur avendo un valore simbolico, non rappresentano il luogo del delitto. Così è nata in Francesca la voglia di creare qualcosa che ricordasse Giancarlo proprio nel luogo in cui era nato, cresciuto, morto: “All’inizio si voleva piantare un albero ma, passeggiando per Ponticelli, ho visto un enorme murale dedicato a una bambina rom”. Così Francesca ha contattato il gruppo Inward che opera nella zona est di Napoli e lavora con altri cultori della street art.
Gli Orticanoodles, i realizzatori del murale, si sono dichiarati entusiasti di lavorare nel quartiere. “È stata un’esperienza molto toccante. Le emozioni che ci comunicavano le persone sono state fonte di ispirazione per il nostro lavoro. Adesso la gente comincia a comprendere qual è la differenza tra i vandali e la street art, che è una ricerca creativa e artistica”
Paolo Siani si augura questo sia il primo murale di una lunga serie. Napoli purtroppo conta almeno 300 vittime innocenti per mano della criminalità organizzata. Il progetto è realizzare un disegno per ognuno di loro, proprio nel luogo in cui sono stati uccisi. Oltre che essere belli da vedere, potrebbero diventare fonte d’ispirazione per le nuove generazioni.