Ieri, 25 maggio 2017, si è tenuto un sit in a favore della libertà di espressione al Museo PAN di Napoli, davanti alla Mehari di Giancarlo Siani, divenuta ormai simbolo della lotta a favore della libertà di stampa.
L’affluenza è stata notevole. Tutti i presenti erano uniti da un ideale comune: protestare contro i regimi dittatoriali che mettono in prigione i giornalisti, desiderosi soltanto di raccontare la verità ai propri lettori, senza filtri.
Questo è ciò che tentava di fare Gabriele Del Grande, il giornalista italiano arrestato in Turchia e detenuto per 10 giorni, nonostante le accuse a suo carico non fossero chiare.
Del Grande, nella conferenza stampa tenuta ieri a Roma, ha dichiarato di non voler essere trattato da eroe. Durante la sua incarcerazione, i suoi aguzzini volevano che firmasse alcuni documenti per il rilascio scritti in arabo, lingua a lui incomprensibile. Ancora oggi, non è chiaro quali siano le ragioni della sua detenzione e se il suo sia stato un vero e proprio rilascio o un’espulsione.
Ad illustrare ciò che sta accadendo in Turchia, durante il sit, è intervenuto in live call Dogan Ozguden, giornalista turco esiliato in Belgio, nonché ospite della seconda edizione di Imbavagliati 2016. Egli ha spiegato che:
“La situazione in Turchia è anomala a causa della dittatura di Erdogan. È per questo che Gabriele Del Grande è stato imprigionato, e colgo l’occasione per porgergli i miei saluti.
I giornalisti imprigionati attualmente sono più di 150. Molti di loro lavoravano nelle testate giornalistiche storiche. Per esempio Kadri Gursel è stato arrestato nel settembre 2016 e ancora oggi si trova in carcere. Ricordo inoltre tutti i colleghi giornalisti costretti all’esilio, solo perché con i loro scritti si sono opposti al regime”.
“L’Unione Europea – continua Dogan – sta cercando di gestire al meglio i rapporti con la Turchia, poiché si rende conto che nel paese vengono perpetrate continue violazioni dei diritti umani. Nel 2019 ci saranno le elezioni presidenziali e legislative. Si spera che in questa occasione le cose cambino e finalmente i giornalisti riescano ad esercitare il proprio lavoro in libertà”.
Il reporter napoletano Marco Cesario, da Parigi, ci ha inviato la seguente dichiarazione in merito:
“La liberazione di Gabriele Del Grande è un’ottima notizia che ci rende tutti felici. Ma non dobbiamo abbassare la guardia perché i giornalisti stranieri non ricevono in Turchia lo stesso trattamento dei giornalisti turchi in patria. Mentre un giornalista straniero viene fermato e dopo un po’ espulso (ma la prigionia di Gabriele è durata troppo, quasi un monito all’Europa di non mettere il dito negli affari di confine della Turchia e delle limitazioni dei diritti umani) i giornalisti turchi subiscono da anni soprusi, censura, licenziamenti. Con la vittoria al referendum, macchiato dall’utilizzo di circa 2,5 milioni di schede non timbrate come ravvisato dagli osservatori dell’OSCE, la Turchia sta lentamente scivolando nella dittatura. Ricordiamo che nelle prigioni turche ci sono attualmente 155 giornalisti, di cui numerosi in prigione da anni, con accuse prive di fondamento e sempre in attesa di processo. Basti pensare che alcuni giornalisti di cui ho scritto nel mio reportage del 2011 – poi diventato il libro «Sansür» nel 2012 – sono tutt’ora in prigione mentre altri, vedasi il cronista Ahmet Sik, autore dell’Esercito dell’Imam, è già entrato ed uscito di prigione più volte ed ora è in detenzione da mesi senza uno straccio di prova. Centocinquantacinque giornalisti in prigione è una cifra abnorme che fa della Turchia la più grande prigione al mondo per giornalisti. Ma questo numero diventa paradossalmente irrisorio se lo paragoniamo alle quasi 50 mila persone arrestate in Turchia dal fallito golpe del 15 luglio scorso a oggi. In breve, una società civile intera è dietro le sbarre. A coloro che mi chiedono perché Gabriele sia stato trattenuto così a lungo rispondo che Gabriele si trovava in una zona di confine diventata oltre che zona di guerra anche zona di non diritto in cui la polizia turca di frontiera spara anche contro donne e bambini siriani in fuga, dove i migranti vengono ammassati in campi in condizioni disumane. Tutto questo, va detto, con il benestare dell’Unione europea che ha concesso 3 miliardi di euro alla Turchia pur di per fermare l’arrivo dei migranti. Ora la detenzione di Gabriele Del Grande è stata utilizzata dalla Turchia come deterrente, come monito all’UE. Può aprire il «rubinetto» dei migranti quando vuole. E’ una minaccia, neanche tanto velata. Ma è vergognoso il «deal» che la UE ha fatto con un paese che detiene tanti giornalisti, avvocati, accademici, professori, deputati del partito curdo di opposizione Hdp ed altri membri della società civile. Ora che Gabriele è libero accendiamo i riflettori su tutti quei cronisti, quei fotografi, quei giornalisti turchi in prigione di cui nessuno parla in Europa ma che sono preziosi per la società civile turca. Non bisogna tacere.